prototipa.blog

Ready-to-future? L’insostenibile leggerezza del tessile

Design sostenibile: sostenibile vuol dire sopportabile, tollerabile. Ma per design cosa si intende?

Il design è un processo evolutivo basato sulla generazione di idee, finalizzate alla creazione di un prodotto.

Le attività di ricerca e sviluppo sono cruciali in questo processo, dove  funzione,  qualità estetiche e richieste di mercato necessitano di una più che attenta opera di negoziazione.

Il design andrebbe perciò considerato come la ricerca delle soluzioni più adatte a risolvere i problemi sollevati durante la progettazione, tramite l’analisi, la sintesi e la valutazione.

Dovrebbe cioè consentire di tornare indietro da una fase all’altra nello sviluppo del prodotto, fino ad approdare alla soluzione migliore.

L’impatto della progettazione sulla produzione

Il sistema tessile opera oggi  prevalentemente utilizzando risorse non rinnovabili nella produzione di prodotti che vengono poi utilizzati per breve tempo, finendo negli inceneritori o in discarica.

I metodi di produzione di qualsiasi prodotto e l’impatto sociale e ambientale di quelli necessari a fabbricarli sono alcuni dei fattori cardine che ogni designer dovrebbe affrontare in ogni nuovo progetto.

Pensiamo ad un semplice tessuto di cotone. Anche se ce lo immaginiamo come naturale, diversi aspetti ne sottolineano la scarsa sostenibilità:

  • utilizzo di grandi quantità di acqua per la coltivazione
  • alto rischio di contaminazione di acqua dolce da fertilizzanti e pesticidi deflussi
  • salinizzazione dei suoli, dovuta all’eccessivo prelievo di acqua per le coltivazioni
  • probabile utilizzo di OGM (organismi geneticamente modificati)
Piantagione di cotone (foto)

Riassunti da un punto di vista ambientale quindi, i problemi principali possono riguardare:

  • Consumo di acqua (nell’industria tessile, oltre che per generare vapore, viene utilizzata come mezzo per rimuovere le impurità, per applicare il colore e gli agenti di fissaggio)
  • Consumo di energia
  • Sostanze nocive per la salute umana (sia per i lavoratori che per i consumatori)
  • Sostanze nocive per l’ecosistema (emissioni di C02, per esempio nel trasporto dalle catene di distribuzione alla vendita al dettaglio; ed effetto serra: i gas emessi dalla produzione tessile sono maggiori della combinazione di quelli prodotti da voli internazionali e spedizioni marittime)
  • Packaging e scarti di lavorazione
  • Obsolescenza programmata, per cui un prodotto finisce in discarica quasi nuovo

In paesi in cui la legislazione in tema ambientale è debole (oppure ovunque si cerchi di eluderla, strizzando l’occhio al fenomeno della globalizzazione dei mercati), molti composti tossici rischiano di finire riversati nei corsi d’acqua e nei suoli, e possono anche essere trasportati lontano dalla loro fonte di origine attraverso le correnti oceaniche e atmosferiche.

Persino attraverso il semplice lavaggio domestico, vari tipi di indumenti sintetici possono rilasciare microfibre plastiche, di cui circa mezzo milione di tonnellate ogni anno contribuiscono all’inquinamento oceanico.

I ruoli del designer e del consumatore

Dato che l’80% dei costi economici e ambientali di un prodotto è il risultato delle fasi di progettazione precedenti alla produzione, il designer ha un ruolo fondamentale nella creazione di prodotti che abbiano il minimo impatto sociale e ambientale possibile.

Un design ecologico è sostenibile: i consumatori stessi dovrebbero pretendere la garanzia che i materiali usati per la produzione siano reperiti in modo appropriato e che i metodi di fabbricazione prevedano il minimo dispendio energetico.

Nel sistema moda, dove troppe filiere si perdono nell’opacità dell’economia sommersa e  nelle reti della produzione globale, siamo chiamati come consumatori a porci delle domande sull’origine e l’effettiva qualità dei capi di vestiario che indossiamo, (dove per qualità si intende l’impatto sociale/ambientale della produzione, oltre che la qualità intriseca del prodotto), senza dare nulla per scontato e diffidando delle apparenze.

Anche l’etica infatti rischia oggi di divenire un prodotto di mercato e uno strumento di marketing se poi nei fatti non si concretizza, e resta solo una dichiarazione d’intenti unilaterale e di facciata.


Potere d’acquisto: come scegliere cosa (non) acquistare

Quali sono allora per un consumatore attento gli indicatori spia per orientarsi nella scelta dei propri acquisti?

  • TRASPARENZA / TRACCIABILITÀ

In quanto consumatori, abbiamo il diritto/dovere di sapere in quali Paesi è avvenuta la produzione, come è composta la filiera produttiva, quali sono i fornitori e dove operano.

Attraverso queste informazioni diventa possibile valutare il livello di rischio sociale e ambientale connesso al prodotto e attivare verifiche indipendenti, attraverso associazioni di categoria, esperti, campagne.

  • COMPOSIZIONE DEL PREZZO

La struttura del prezzo sintetizza la distribuzione del cosiddetto “valore aggiunto” lungo l’intera filiera produttiva e descrive la distribuzione del potere tra i diversi attori.

Il prezzo trasparente non dice ancora se il prezzo riconosciuto a ogni attore della filiera è quello giusto per consentirgli di vivere in dignità, ma chiarisce almeno se siamo in presenza di fenomeni speculativi e asimmetrici.

Un esempio è il prezzo sorgente in agricoltura, che indica il primo prezzo al quale il produttore vende il proprio prodotto. Così facendo si mette in luce quanto lucra – alle spalle di produttori e consumatori – il segmento distributivo.

  • RESPONSABILITÀ DI FILIERA:

Le aziende committenti hanno delle precise responsabilità quando decidono di esternalizzare la propria produzione.

I diritti sociali e il rispetto per l’ambiente devono essere garantiti in tutte le fasi, in qualunque Paese esse siano effettuate.

Un codice di condotta auto-certificato non negoziato con il sindacato, così come una certificazione sociale che non si avvale di ispezioni a sorpresa, sono viziate all’origine.

Lo “stakeholder engagement” verifica se le dichiarazioni d’intento di un’impresa trovano riscontro nella realtà dei fatti, attraverso l’ascolto di consumatori, lavoratori, associazioni ed enti locali.


Princìpi di economia circolare

Il concetto di economia circolare si collega ad una concezione della produzione e del consumo alternativa rispetto al modello attuale, e si basa su tre principi fondamentali:

1) Evitare sprechi e inquinamento.

2) Progettare prodotti di più lunga durata, sviluppati per l’aggiornamento, il riuso, il riciclo, l’invecchiamento e la riparazione.

3) Rigenerare i sistemi naturali (ad esempio preferendo l’impiego di energie rinnovabili in luogo dei combustibili fossili, o apportando sostanze nutritive al suolo per permetterne la rigenerazione).

Pannelli solari (foto)

In conclusione, per avviare un cambiamento reale nel mondo odierno, la figura del designer dovrebbe immaginare non solo come verranno fabbricati e utilizzati, ma anche (o sopratutto) come verranno smaltiti i prodotti progettati.

Per approfondire

Deborah Lucchetti – I vestiti nuovi del consumatore. Guida ai vestiti solidali, biologici, recuperati: per conciliare estetica ed etica nel proprio guardaroba. Altreconomia Edizioni

A NEW TEXTILES ECONOMY: REDESIGNING FASHION’S FUTURE

Connecting the Threads: A Microfibers Research Guide

(Immagine in evidenza di Ylanite da Pixabay)

error: Content is protected !!